Zerogrammi | Inri Creazione di e con Stefano Mazzotta, Emanuele Sciannamea Luci Stefano Mazzotta, Chiara Guglielmi Drammaturgia Fabio Chiriatti Musiche, costumi e scene C.ie Zerogrammi Produzione C.ie Zerogrammi Coproduzione Festival Oriente Occidente (It), La Piattaforma (It) Con il sostegno di Regione Piemonte, MIBACT Progetto partecipante a Anticorpi XL – Network Giovane Danza d’Autore 29 maggio 2015, ore 21 Teatro Tor Bella Monaca, Roma
Inri è la riscoperta saporita del mondo cattolico nella sua dimensione più autentica, quella legata ad un ambiente arcaico, anacronistico nell’epoca della modernità, ma che ancora resiste nei piccoli paesini del meridione, chiusi e intatti nelle loro credenze e modi di fare popolari.È questo “training religioso”, fatto di sospiri, processioni e posture rituali, un vero e proprio linguaggio implicitamente codificato che produce una modalità comunicativa forte e indubbiamente efficace, a diventare territorio d’indagine dei due autori e perfomer Stefano Mazzotta ed Emanuele Sciannamea.
Agendo per imitazione sottile o contrasto esagerato, il materiale di partenza viene reinventato in un personale ed atipico linguaggio votivo, portato sulla scena attraverso i panni di due vecchiette intente nelle loro mansioni quotidiane. La loro presenza scenica sprigiona subito una forte energia parodica: a praticare assiduamente il culto della religione cattolica non sono due anziane signore ma due giovani travestiti assai scrupolosi, uno più serioso e attento, l’altro meno convinto e frastornato dal vino.
Così la sperimentazione di un nuovo linguaggio diventa una deformazione grottesca della gestualità liturgica, esagerata e traslata in una dimensione paradossale in cui ogni azione di preghiera e pentimento viene svuotata di sacralità e potenziata nella sua partitura formale.
La scena vuota è costruita proprio a partire dall’azione drammaturgica: il via vai disordinato e affaccendato dei due “comari” allestisce un scenografia mobile e proscenica con ceri rossi, mazzi di fiori, cornici vuote, cestini per le offerte; mentre a ritmo del tintinnio delle monete in offerta si illumina il vetro di una moltitudine di lampadine che pendono dal soffitto.
Le tinte cupe da camposanto gotico, opacizzate dalla polvere e schiarite appena dai lumi nostalgici dei ceri, vengono puntualmente scomposte dagli sguardi di bonario disappunto, di derisione o di incredulità. I due performer si perdono e si ritrovano freneticamente nella ripetitività di eccentrici rosari coreografici, di cantilene dai suoni sofferenti e di “avemmaria” impostate a loop automatico. L’opprimente apparato di compiti rituali è destinato a reiterarsi perennemente, diventando per i due comari un cortocircuito in cui agire ironicamente senza alcuna devozione. Soltanto spogliandosi di tutte le formalità esteriori e mostrandosi nella più sincera nudità, riusciranno a ritrovarsi e a contemplare una grazia più umana che divina.
Inri è uno spaccato di vita che, pur nella sua stilizzazione e nell’uso essenziale, quasi astratto, di simboli e momenti topici, si consegna nelle mani dello spettatore in modo sorprendentemente diretto e complice, affidandosi non solo alla forza espressiva di situazioni e figure caricaturali ma anche alla verità intrinseca che ognuna di esse custodisce.