Zigulì | Teatro Argot

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Zigulì

© Salvo Ingala
con Francesco Colella
disegno sonoro Giuseppe D’Amato
musiche Alessandro Linzitto
scenografia Salvo Ingala
aiuto regia Leonardo Maddalena
organizzazione Regina Piperno
grafica e video Studio Tozzo
adattamento e regia Francesco Lagi
produzione Teatrodilina
per gentile concessione di Arnoldo Mondadori Editore
Teatro Argot, Roma 12 aprile
 

Zigulì, tratto dall’omonimo romanzo di Massimiliano Verga, è andato in scena lo scorso fine settimana all’interno della fortunata stagione di Dominio Pubblico, sullo storico palco del Teatro Argot di Roma.

Zigulì ha vinto il premio InBox nel 2013 e, come ben sappiamo, già questa informazione preannuncia allo spettatore un lavoro di un certo interesse, tecnico, emotivo e di ricerca. Spesso tuttavia premi così importanti comportano il rischio di farsi aspettative di una certa levatura. Ma l’interprete di Zigulì, Francesco Colella, non le ha deluse, anzi, insieme a coloro che hanno lavorato con lui, ha lasciato agli spettatori tutto ciò che dovrebbe sempre regalare un lavoro del genere: molte domande, la necessità di traslarle nella vita comune e l’amara constatazione che storie così, se non ci toccano da vicino, non ci scalfiscono minimamente ma esistono potenzialmente per tutti.

Mi riferisco alla storia di un padre e di suo figlio, gravemente disabile. È una vicenda d’amore, come ci indica il foglio di sala, ma anche di rabbia, quella che un genitore vive inevitabilmente quando affronta il calvario di un bimbo che ha un suo mondo: senza vista, senza possibilità di comunicazione, senza nulla che possa associarlo al normale scorrere del tempo dell’infanzia.

La scena si apre con uno spazio bianco invaso da giocattoli che, allo scorrere delle parole di un padre rivolte ad un figlio che non c’è, diventano lo spunto per raccontare quanto sia difficile nella praticità vivere in questo modo e soprattutto quanto sia folle sentire nei propri pensieri dei sentimenti così altalenanti e così estremi per qualcosa che nasce da te ma che spesso vorresti non fosse nato affatto.

Il lavoro scorre con un’ energia davvero eccezionale ed equilibrata: attraversiamo, incantati dall’intensità di Francesco, attimi di estrema emotività alternati a momenti più leggeri, il tutto associato ad un linguaggio corporeo che forse andrebbe un po’ raffinato.

Zigulì, in fondo, è lo sfogo di un padre, è la possibilità di riflettere a voce alta su cose che a volte l’essere umano non può gestire da solo. E’ contemporaneamente, però, una richiesta d’aiuto, una dichiarazione d’amore e un percorso ad ostacoli per tutte le avventure uniche che ogni essere umano potrebbe affrontare.

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