C’era una volta un’attesa…O forse no…C’era una volta un’aporia. Dal greco ἀπορία, il termine indica un’impasse logica legata ad uno stato oggettivo del problema, nel quale la realtà che si mostra nell’esperienza entra in conflitto con la realtà mostrata dalla logica.
Ẻ evidente che lo spettacolo (scritto e diretto da uno dei due attori protagonisti, Giovanni Magnarelli) a cui stiamo per assistere non sarà una convenzionale pièce teatrale, ma pura, geniale follia. La cosiddetta camera è uno spazio rettangolare attraverso il quale una donna vestita di bianco (Francesca Rizzi) vaga cercando di ricordare…ricordare…ma ricordare cosa?
Un uomo armato di cappotto, cappello e bastone se ne sta seduto tra gli spettatori a guardare sua moglie (sua moglie?) eseguire movimenti di rito dalla base all’altezza del rettangolo e viceversa. Ed eccolo bussare alla porta immaginaria, dando inizio all’incessante e nevrotico rincorrersi di due voci, totalmente insensato, quasi simultaneo: ognuno vuole avere la meglio in questo illogico litigio sul nulla, gridando. Sembrerebbe il solito battibecco familiare. Sembrerebbe: la fissazione sui particolari insignificanti, come la paranoica ricerca di due pantofole vecchie, diventa semplicemente un arido strumento di sfogo.
Un marito ed una moglie moderni, insomma, che corrono come pazzi da una parte all’altra (finendo casualmente sempre agli opposti del rettangolo) e che hanno una tale paura di guardarsi negli occhi, da preferire uno specchio che riflette la loro immagine o quella del pubblico, all’affronto diretto e ravvicinato. Un pubblico attento, tra l’altro, che nella realtà i protagonisti tirano scherzosamente in ballo e nella finzione caricano di pesanti responsabilità, svelando incontenibili segreti, quasi per mettere alla prova la sua capacità di attenzione. Saranno solo delle luci a intermittenza a distinguere il labile confine tra finzione e realtà. Ma da dove parte il ricordo-non ricordo?
I due corpi rattrappiti sono testimonianza della concentrazione di ricostruire il non-ricostruibile e di un’insana diffidenza che li pone perennemente all’erta rispetto al mondo esterno, impauriti da voci, echi, rumori e dal pensiero della gente. Paranoia allo stato puro. E loro se ne stanno lì, rinchiusi nell’asfissiante camera, lacerando la loro anima incapace di partorire sillogismi validi. Addirittura lui non riesce neanche a parlare, ma balbetta, si blocca, ripete le frasi all’infinito, tanta è l’ansia della risposta che lo porta a dover prevedere una domanda non ancora pronunciata. Per paura di che, poi? Paura del vuoto! Pensa addirittura di avere un figlio con quella stessa donna che lo asseconda nella sua follia ma che, stanca di tutta questa farsa, infine rivelerà che, non solo il loro figlio non esiste, ma nemmeno loro!
Ci troviamo di fronte all’interessantissimo specchio di una nevrosi sociale che accomuna un po’ tutti (arriveremo anche noi ad urlarci tutti contro senza nemmeno ascoltarci?) nonché ad una ben riuscita proiezione immaginaria di personaggi folli ed assolutamente insensati. E, palesata tutta la finzione, questi due talentuosissimi attori ci lasciano come allocchi, lì seduti a cercare di sciogliere il bandolo di una fin troppo intrecciata matassa. Come di fronte ad un difficile problema di logica, una volta risolto un nodo, ci troviamo di fronte ad un altro, che poi dà vita ad altre soluzioni infinite.
Ed è esattamente questo che fa il teatro: permette ad una finzione quasi svelata di vanificarsi per far spazio ad un’altra che produrrà la stessa azione con quella successiva e via dicendo, lasciandoci non solo privi di soluzioni, ma anche incapaci di discernere la realtà.
Il fatto è che, in fondo, anche se cercassimo la verità fino alla nausea, non c’è né una risposta logica né una soluzione unica per tutto. Teatro, semplicemente ed illogicamente teatro.
C’era una volta un’attesa… che non c’era.
ZZ&Z – APORIA DA CAMERA
Scritto e diretto da Giovanni Magnarelli
Con Francesca Rizzi & Giovanni Magnarelli
Aiuto regia Silvia Rizzi
5 e12 novembre 2011, ore 21:00,Teatroavista di Roma
6 e 13 novembre 2011, ore 18:00,Teatroavista di Roma