Alfredo Arias | Madame Pink

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ph Giovanni Ambrosio

ph Giovanni Ambrosio

regia Alfredo Arias

scritto da Alfredo Arias e René de Ceccatty

con Gaia Aprea, Flo, Mauro Gioia, Gianluca Musiu e Paolo Serra

scene Agostino Iacurci

costumi Marco De Vincenzo

disegno luci Cesare Accetta

maschera Erhard Stiefel

musiche Mark Plati e Mauro Gioia

testi delle canzoni Alfredo Arias e Mauro Gioia

arrangiamenti musicali Mark Plati

musiche eseguite dal vivo da Giuseppe Burgarella (tastiere), Ben Croze (chitarre), Marco di Palo (basso) e Salvatore Minale (batteria)

foto di scena Giovanni Ambrosio

produzione Teatro Stabile di Napoli e Teatro Nazionale

14 Marzo 2017, Teatro Argentina, Roma

Dal 14 al 19 Marzo, al Teatro Argentina, è andato in scena Madame Pink, di Alfredo Arias e René de Ceccatty.

Ciò che colpisce immediatamente lo spettatore appena entrato è l’imponente scenografia che si ritrova davanti agli occhi: due enormi archi bianchi sui lati del palco, il cui apice ricrea la forma di un dente; un divano rosso al centro, che suggerisce la silhouette della labbra di una donna; un grande sipario – che poco dopo si scoprirà celare la band musicale – multicolore raffigurante tanti tipici ossi da cane dei cartoni animati, due strutture a forma di palma poggiate su due grandi vasi bianchi che occupano i lati del sipario suddetto e infine due curiosi giganteschi blocchi a forma di ovaie appesi proprio sopra la testa degli attori. Va detto anche che quasi ogni elemento scenico era illuminabile da luci led di diversi colori sapientemente montante su ogni struttura, a dimostrazione della creatività e del grande lavoro sia dello scenografo, Agostino Iacurci, sia di Cesare Accetta, che si è occupato del disegno luci, e che ha dimostrato di essere, come la sua fama dimostra, uno dei più autorevoli light designer della scena partenopea contemporanea e maestro della fotografia a teatro, nel cinema e nell’arte.

Dopo una sarcastica e simpatica presentazione dello spettacolo da parte del regista, Alfredo Arias, fa la sua comparsa sulla scena la protagonista Madame Pink, Gaia Aprea, con una vistosa parrucca rosa, colore predominante della drammaturgia di tutto lo spettacolo di Arias, e un vestito nero luccicante lungo fino al ginocchio, bellissimo tanto quanto lo saranno tutti i costumi seguenti di tutti i personaggi che vedremo, grazie alla firma di uno degli astri nascenti della moda italiana e internazionale, Marco De Vincenzo, il trentottenne messinese, alla sua prima incursione nel mondo del teatro, non delude, impreziosendo gli occhi dello spettatore grazie a delle vere e proprie opere d’arte in tessuto.

Gaia Aprea porta sulla scena un personaggio snob, elegante, ironico; alternando canzoni, in cui dimostra tutta la sua capacità vocale, ricordando nella timbrica un Anna Oxa dei tempi moderni, a battute sagaci legate a quell’immagine di donna americana ricca e devota al lusso. L’asservimento alla dolce vita da parte di Madame Pink, la noia che prova col suo attuale compagno di vita, il dentista Goodman, alias Mauro Gioia, la porteranno a compiere la scelta che diventerà il vero e proprio motore di tutta la storia, acquistare una cagnolina rosa. Da questo momento in poi conosceremo l’altra protagonista della vicenda, o per meglio dire antagonista, Rossy, interpretata in modo impeccabile da Flo, una bestiola in apparenza tenera che sa parlare, rifiuta le crocchette e pasteggia a caviale e champagne. Col passare del tempo, però, Rossy, dimostrerà un indole da feroce assassina, macchiando di rosso vermiglio il destino di quasi tutti i personaggi della vicenda, sempre celando il suo volto dietro la maschera rosa da cagna, creata da Erhard Stiefel, il famoso scultore e scenografo franco-svizzero.

In quello che non è un musical né una commedia musicale, ma semplicemente una commedia con canzoni, come precisa il regista nelle sue note, i brani, ispirati all’american music anni ’70 e ’80, narrano insieme alla prosa, quasi da teatro dell’assurdo, i terrificanti problemi esistenziali di tutti i personaggi.

Il dott. Goodman è il tipico dentista americano, convinto che il sorriso sia tutto, sia la curva brillante che migliora la vita di qualsiasi essere umano, ma che alla fine si dimostrerà cedevole tanto quanto un qualsiasi uomo comune alle debolezze della carne, del peccato e della menzogna. Nonostante si dimostri sul finale l’unico vero uomo a cui Madame Pink, può affidarsi, o forse no. Meravigliosamente viscida e d’effetto l’interpretazione che ne dà Mauro Gioia, ottimo anche nell’esecuzione dei pezzi canori. Camaleontico, mattatore e subdolamente gay, Paolo Serra, che porta sulla scena ben tre personaggi: Regularmen, un vecchio amante di Madame Pink, che prima cerca di riconquistarla e poi una volta raggiunto lo scopo cede anche lui come tutti gli altri uomini della storia al “fascino” della cagnolina Rossy, pagando quest’errore con una ferita ai propri genitali provocata proprio dalla suddetta; il Dr.Tore, un maccheronico francese psicologo, che aiuterà Madame Pink, a capire come liberarsi dalla sua ossessione per Rossy, divenuta più un problema che la rappresentazione dello status che inseguiva la protagonista; ed infine Inspector Shake, un poliziotto tutt’altro che ordinario, che indagherà sulla morte dell’altro malcapitato di questa storia, laddove qualcuno di questi personaggi si possa definire tale. Parliamo di Badman, Gianluca Musiu, il bambino troppo cresciuto, viziato e mantenuto dai propri genitori, e che alla fine un po’ come tutti, dopo essere stato una delle tante alternative amorose di Madame Pink, si dimostrerà solo un altro cliché della cultura americana. Al limite della macchietta l’interpretazione di Musiu, che però assicura momenti davvero esilaranti, e grazie anche alla vocalità pop istanti da puro one man show.

 

Madame Pink è un melodramma surreale e animalesco, a metà strada tra un cartone Disney, uno spettacolo di cabaret e un noir con momenti quasi splatter. Uno sguardo critico e ironico sulla scintillante cultura degli States, in particolare di Hollywood e di Broadway. Una storia ricca di riferimenti cinematografici, e traghettata sulle tavole del palco da un linguaggio teatrale spinto all’ennesima potenza.

Tra canzoni, atmosfere suggestive, colori e technicolor, si assiste sicuramente a uno show che dimostra il massiccio impegno economico e di sforzo artistico che c’e dietro, ma che forse in una cornice classica come quella del Teatro Argentina, stona. Un ottima ora e quaranta di intrattenimento, ma alla fine dei conti poco Teatro.

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