Ciao Italia

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Lo scorso 30 Gennaio è stato proiettato al Nuovo Cinema Aquila di Roma Ciao Italia, un documentario di Barbara Bernardi e Fausto Caniglia sull’esodo degli italiani a Berlino. Al centro della ricerca dei due registi, lo scopo di comprendere le ragioni della fuga, di decifrare e rivelare allo spettatore il malessere che ha motivato la scelta degli emigranti, quel disagio che, con rabbia e tristezza, ha fatto dire «ciao». 

Ciao Italia, di Barbara Bernardi e Fausto Caviglia, Ita 2011, 60’

Produzione: Alberto Osella & partners e Monsieur Cheville

Montaggio, fotografia e riprese: Barbara Bernardi e Fausto Caviglia

Post produzione audio: Gianni Bommassar

Musiche: Le Gros Ballon

Un’intervista, si sa, è anzitutto un gioco di sguardi. La relazione tra chi pone le domande e chi risponde è espressa dalle forme concrete di una poetica gestuale, dal linguaggio del corpo. Ciò che viene detto sembra passare in secondo piano; noi siamo concentrati sugli occhi, sulle mani, sulle reazioni del viso. Si tratta a tutti gli effetti di un’inter-vista se l’esperienza dei due soggetti si dispiega innanzitutto nella forma di un intra-vedere, di un vedere attraverso, di un interpretare.

Quello che stimola immediatamente l’attenzione in Ciao Italia è proprio il lavoro sugli sguardi. Sereni e rivitalizzati, eppure al contempo attraversati da uno strato quasi impercettibile di nostalgia, gli occhi dei nostri intervistati sono più gli occhi di chi è dovuto andar via, che quelli di chi ha scelto liberamente. La rabbia, la disillusione, l’indignazione sono i moventi della loro decisione, giunta dopo anni di sforzi e tentativi sistematicamente crollati al contatto con la realtà. La loro «disaffezione» è sopraggiunta dopo un tradimento subito, non si è trattato di un semplice disinnamoramento. Amano ancora la propria patria, ma hanno rinunciato all’idea del sacrificio: pretendono una possibilità concreta di vivere una vita diversa. Questa loro resa precede il coraggio di «ripartire dalle fondamenta», di ricercare una nuova «cornice».

Un’Italia malata è quella che emerge dai loro racconti, un Paese che sembra aver perso gli strumenti e le energie necessarie per rialzarsi. Secondo Corrado Lampe – uno degli intervistati – non sono più disponibili soluzioni facili a questa crisi storica, che è culturale prima ancora che economica; restano solo quelle difficili e dolorose. Quella di andare via non è certo una scelta facile, ma appare spesso l’unico modo di uscire fuori da una realtà che, a detta dei protagonisti, non è più «rappresentativa» di chi rifiuta di fare della furbizia e della disonestà i propri primari strumenti di difesa.

Tra gli intervistati, un tedesco che per alcuni anni ha vissuto in Italia. La sua testimonianza sulla vita nel Bel Paese risuona ironica, costituisce un contraltare dialettico rispetto alla visione condivisa da tutti gli italiani emigrati. Certo, ammette, la vita a Roma è frenetica, la gente è stressata, lavora con superficialità ecc… Tuttavia prosegue dicendo che ci ritornerà di sicuro per stabilirvisi definitivamente, chissà, magari dopo la pensione. Il racconto del tedesco insinua la suggestione che l’uomo sia per natura portato a inseguire una realtà diversa dalla propria, per una sorta di insoddisfazione costitutiva, o per quella curiosità sempre vitale che è stimolata da dimensioni altre rispetto a quelle ordinarie.

Al termine della proiezione, Barbara Bernardi – l’altro regista, Fausto Caniglia, era a Milano per la proiezione del documentario – accompagnata da Corrado Lampe, ha incontrato il pubblico per un confronto sulla sua ricerca. Le ho chiesto se un lavoro come il suo non corra il rischio di ridursi ad un invito ad andar via, presentandosi come una semplicistica idealizzazione della “perfetta Berlino”, contrapposta alle pessime città italiane. «In realtà», ha risposto la Bernardi, «quello che volevamo fare era illustrare le ragioni della fuga, comunicare che si decide di andare via quando davvero non ce la si fa più. La cosa di cui gli intervistati si sono sorpresi da subito è la differenza nelle piccole cose, nella vivibilità del quotidiano. Cose che dovrebbero essere normali in una società appaiono straordinarie agli occhi degli italiani». Non dunque un elogio incondizionato della capitale tedesca – che pure presenta i suoi difetti, trattati in una breve sezione del documentario – ma una riflessione su come possa apparire eccezionale ciò che in realtà dovrebbe essere condizione imprescindibile di un’ordinaria convivenza tra cittadini. Il titolo Ciao Italia dice tutto: prevale il momento della partenza, della separazione. Il luogo in cui si approda passa in secondo piano.

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Autore

Ludovico Nisi

Studente di filosofia, musicista se capita.

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