Giancarlo Sepe | Amletò

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regia Giancarlo Sepe

con Guido Targetti, Federica Stefanelli,Emanuela Panatta, Alessio De Caprio, Manuel D’Amario, Cesare D’Arco, Federico Citracca, Sonia Bertin

scene e costumi Carlo De Marino

musiche a cura di Davide Mastrogiovanni e harmonia Team

disegno luci Guido Pizzuti

responsabile produzioni Pino Le Pera

produzione Teatro La Comunità in collaborazione con la Compagnia Orsini e il Teatro Galleria Toledo

18 novembre, Teatro La Comunità, Roma

Debuttava il 19 novembre 2013 l’Amleto‘ di Giancarlo Sepe allo storico teatro La Comunità, dove per il quarto anno è in scena ancora oggi dal 6 ottobre all’11 dicembre. Amletò(gravi incomprensioni all’Hotel du Nord) è un formidabile innesto del classico shakespeariano in un’ambientazione parigina anni ’30, per la precisione il 1939, anno in cui i nazisti invadono la Polonia.

Sepe si è ispirato al cinema francese e in particolare a “Hotel du Nord” del regista Marcel Carné – albergo dove nel film i due protagonisti hanno intenzione di suicidarsi insieme; nello spettacolo sarà Amletò a proporre a Ofelia di morire insieme, per poi lasciarla morire da sola -. L’antefatto che crea il pretesto per la nuova collocazione della storia di Amleto ha il suo motore in Claudio, fratello del re legittimo, che fugge dalla Danimarca perché troppo geloso del matrimonio tra suo fratello e Gertrude, trovando rifugio in un cadente hotel di Parigi, dove alberga già una sensuale Ofelia insieme a due sinistri e clowneschi Rose e Guillaume – Rosencrantz e Guildenstern – .

Lo spettacolo si apre con la presentazione dei personaggi che prendono posto sul palco, ognuno ripetendo i gesti propri del suo carattere. Già da quest’inizio si carpisce il segno intenso e l’impatto fortemente visionario dello spettacolo. I personaggi vibrano al suono di musiche struggenti con le voci di Arletty, Josephine Baker e di Fréhel; hanno la faccia bianca da mimi, si spremono in smorfie deliziose da film muto, i corpi sembrano corde di violino pizzicate da mani sapienti; colgono accenti, controtempi e se accennano passi sono sempre evocativi, espressivi, mai solo ben eseguiti; parlano un grammelot a metà tra l’italiano e il francese che è comprensibilissimo e fa sorridere ,ricordando scenari dell’infanzia. A fare da sfondo a questo lavoro attoriale raffinatissimo – nel quale spicca Guido Targetti, Amletò, per la sua liricità da burattino – c’è un palco che diventa scatola delle meraviglie, generatrice di visioni.

La poetica di Sepe fortemente legata al cinema, irrompe in tutta la sua magnificenza: primi piani, dettagli, piccole luci che creano spazi complessi, inattesi. Lo spazio si muove, si restringe e allarga come in un film, lasciando l’occhio dello spettatore sempre attento. Amletò è un ragazzino capriccioso, un Pinocchio – la sua entrata in scena è proprio da marionetta, che da seduta prende vita e inizia a muoversi – ossessionato da sua madre, che ama più di Ofelia alla quale sparerà, in un’amabile gioco di citazioni, con una pistola ad acqua, prima che questa si affoghi nel canale Saint Martin. Un Pinocchio che va cercando suo padre mostrandone una gigantografia e che, quando lo trova vestito da fantasma, sente crescere dentro di sé la paura di vendicarne la morte – motivo per cui non ucciderà lo zio Claudio.

Come Amletò stesso afferma, sbiascicando nel suo grammelot tenerissimo “La mia casa è la transizione, leggo la mia storia per capire…soffrire, morire, dormire..dormire…”, questa versione francese ripropone in modo godibilissimo e in chiave sognante l’eterna tensione del famoso principe di Danimarca. Spettacoli così sarebbe bello non finissero mai..

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