RomaTeatroFestival |Paolo Alessandri | The Farm

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Ph Mantoni/Montenegro

regia Paolo Alessandri
con Gabriele Namio, Linda Lauretta, Sara Roscetti, Lucrezia Coletti, Eleonora La Pegna, Selena Bellussi, Stefano Bramini, Ilaria Arcangeli, Sophia Angelozzi, Daniele Flamini, Alessandra Barbonetti
costumi Monica Raponi
 
21 giugno 2016, Teatro Sala Uno, Roma
 

Il Teatro Sala Uno di San Giovanni ospita l’XI° edizione del RomaTeatroFestival, organizzato dall’Accademia romana “Sofia Amendolea”, ospitante spettacoli nazionali e internazionali dai giovani interpreti – spettacoli proposti al pubblico in lingua originale.

La prima serata si è aperta con un lavoro ispirato ad una delle opere di George Orwell, che ha rivoluzionato in maniera totalizzante la letteratura del novecento, contribuendo alla formazione di un nuovo punto di vista sulla società. La fattoria degli animali – così come 1984 – hanno puntato l’attenzione su una condizione talmente sudicia e cruda dell’individuo che a tratti puzza di sterco, ovvero quella del mancato potere decisionale e di guida della propria esistenza come essere vivente libero.

The Farm diretto da Paolo Alessandri ha voluto mescolare due stili differenti fra loro, manipolando argomenti comuni: la schiavitù, il potere, la violenza sociale e la fatica psichica e fisica.

La storia del celebre romanzo dello scrittore britannico è il racconto romanzato dello sviluppo della dittatura sovietica e di come attraverso l’illusione di un potere popolare – mai davvero concesso –  tutti gli animali della fattoria – spinti dai sagaci maiali attraverso una rivoluzione violenta – possano finalmente essere liberi e decidere della propria esistenza. Il nemico è intercambiabile, dapprima il fattore Jones – stereotipo del fascismo – e poi gli stessi compagni maiali.

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Ph Mantoni/Montenegro

Gli interpreti hanno accolto il pubblico sulla scena facendo odorare ad ogni spettatore l’atmosfera acre dei campi di cotone del Mississipi e di quelli di lavoro isolati ed assolati, in cui i carcerati scontavano i lavori forzati spaccando pietre.

Le pesanti linee blues e le iconografie sovietiche sono fortissime. Il perfetto mixaggio fra la statuaria “pulita”, ordinata e grigia della dittatura dell’est contro gli abiti lerci e strappati dei Nigger americani nel 1930 è sublime, non si sente il bisogno di nient’altro: già dall’entrata in sala mezza storia è stata raccontata.

L’interpretazione fisica dei corpi in scena è resa efficace dal movimento e dalla sua espressione, attraverso coreografie forti che raccontano più del testo del lavoro.

Uno scorrere continuo di vecchie diapositive – sbiadite ma chiarissime – passano davanti agli occhi dello spettatore, che a tratti avrebbe preferito distogliere lo sguardo, come quando ci si imbatte in uno di quei video sul web in cui si vedono scene di tortura: tutti sanno che in alcune parti del mondo è all’ordine del giorno, ma non a casa propria.  Sono realtà che non si trovano sugli scaffali dei negozi, accanto all’ultimo cartone animato per bambini.

La regia impeccabile non ha falle narrative, drammaturgiche o di ritmo, adottando scelte intelligenti, a cui si sposa perfettamente la scelta delle luci, con l’utilizzo di tagli e controluce molto forti e incisivi.

La musica contribuisce ad evocare l’atmosfera ed è un lamento/filastrocca, intervallata da pezzi cantati dagli interpreti – difficoltà aggiunta al già complesso lavoro interpretativo, di tenuta fisico-aerobica, di testo e di intensità emotiva.

The Farm ha trasformato il Teatro Sala Uno in un luogo pericoloso, da cui non si vede l’ora di uscire per la costante paura di poter essere inglobati in quel meccanismo disumano – che forse già ci appartiene.

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Ph Mantoni/Montenegro

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Autore

Martina Caronna

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