Speciale TdV9 | Intervista a Teatro Sotterraneo

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Daniele Villa della compagnia Teatro Sotterraneo presenta in anteprima il progetto Daimon, in scena a Roma il 2 novembre nel Festival Teatri di Vetro 9, presso il nuovo spazio scenico delle Carrozzerie n.o.t..

Teatro Sotterraneo.BE LEGEND! Hamlet  © Alex Brenner

© Alex Brenner

Nell’intervista curata da Mariaenrica Giannuzzi per Nucleo si esplorano le possibilità estetiche del “seme” di James Hillman, un fattore che cerca di descrivere il carattere di alcune storiche “nate per ardere e bruciare molto intorno a sé”. Quando comincia a manifestarsi una vocazione, un daimon? E quanto bisogna distruggere altre parti di sé per assecondare il proprio demone?

Daimon è uno studio sul tema della vocazione, della predisposizione, della realizzazione di sé. (…) per noi rappresenta più che altro un pensiero sull’imperativo interiore, quello che il tuo Daimon appunto – l’angelo guida descritto da Hillman – ti obbliga a diventare, anche a costo di spingerti all’autodistruzione.

1. Per la 9a edizione di Teatri di Vetro mettete in scena uno spettacolo del 2013 – be legend! – che ha un formato seriale e che si chiede com’erano da piccoli Hamlet, Jeanne d’Arc, Hitler e tanti altri personaggi che tenete nascosti. Credete che questi individui fossero già predestinati ai propri drammi di personaggi adulti? Sarebbe interessante sapere come avete scovato i segni della leggenda nei comportamenti infantili. Potete farci degli esempi?

No. Non crediamo al destino in nessuna declinazione. Certo crediamo nelle predisposizioni, nelle nature native che possono manifestarsi in forme più o meno estreme. Nel seme di cui parla Hillman (uno dei pensatori che hanno accompagnato il tavolo teorico del progetto) c’è qualcosa di indiscutibile ma anche di misterioso – per lo meno per ora… i genetisti ci diranno. Di sicuro Jeanne e Adolf, come persone realmente esistite, incarnano figure nate per ardere e bruciare molto intorno a sé. Su Hamlet il ragionamento è più ambiguo, perché si tratta di un personaggio di finzione, su cui già tanti punti di vista si sono espressi e succeduti. Per tutti e tre ripensarne l’infanzia ha comunque significato ripiegare il futuro come una pellicola, riposizionare degli elementi che rendessero il personaggio adulto già noto immediatamente riconoscibile nel bambino – che al tempo stesso è sempre anche un bambino di oggi, con le sue specificità, che si trasforma nel personaggio davanti ai nostri occhi, creando una ricchezza tutta strana e contraddittoria perché, se il gioco funziona, mentre riconosco il cucciolo di Hitler mi accorgo che non posso intuire molto del cucciolo di Mario/Luca/Paolo ecc che sta interpretando Hitler, e che a sua volta ha un seme che si manifesterà, magari nella grandezza, magari nell’ardere sé e gli altri.

2. Il format seriale è una struttura narrativa che avete sperimentato anche in una produzione contemporanea a be legend!, che si chiama, all’opposto, be normal!, e poi c’è stata anche un’ esperienza laboratoriale chiamata be ready!. Come sono legate tra di loro queste produzioni? È una linea di ricerca che volete seguire ancora?

Sono tutte dentro al Daimon Project, uno studio di circa due anni sul tema della vocazione, della predisposizione, della realizzazione di sé. BE LEGEND! racconta (reinventa) l’infanzia di personaggi celebri e d’immaginario; BE NORMAL! racconta il quotidiano di adulti anonimi, persone qualunque. BE READY! è un ciclo di laboratori per adolescenti che si conclude con dimostrazioni a pubblico e pone al centro i teen-ager proprio nella fase in cui le inclinazioni si manifestano e si scontrano col mondo circostante. È una linea di ricerca vasta, per cui perché no?!, to be continued…

3. Come spiegate questo invito aperto che rivolgete al pubblico, gli ordinate: diventa leggenda!, oppure, stai pronto! E’ il linguaggio dello slogan, delle tagline, quindi vendete una gratificazione, promettete una ricompensa almeno implicita nell’avere successo o nell’essere normali. E’ tutta una provocazione? Perché si dovrebbe venire a vedere questo spettacolo? Quali sono pregi e difetti dei leggendari e dei normali?

Il titolo riecheggia il tono perentorio delle campagne di marketing (celebre fra queste la campagna be stupid di Diesel) e per noi rappresenta più che altro un pensiero sull’imperativo interiore, quello che il tuo Daimon appunto –l’angelo guida descritto da Hillman – ti obbliga a diventare, anche a costo di spingerti all’autodistruzione. Questa voce interiore dominante si incrocia coi toni dello slogan che punta a trasformare in trend i comportamenti collettivi, creando un cortocircuito, si spera, divertente e complesso.

Ci auguriamo che vedere questo spettacolo significhi sentir riverberare in sé la questione del daimon e dell’impiego della propria breve e infinitesimale vita, che come dice Jung o realizziamo noi stessi o la vita è sprecata. Osservare dei bambini incarnare un destino manifesto (modificabile?), osservare l’ambiente che lavora su di loro e li trasforma è un po’ osservare noi stessi, perché la libertà è quello che consapevolmente facciamo con quello che siamo e con quello ci hanno fatto – leggendari o normali è così per tutti.

4. La campagna di promozione su social network di Teatri di Vetro 9 si è basata ironicamente sull’assenza nel Festival di personaggi come star o intellettuali/artisti, magari già morti. È questo un evidente riferimento al passato e all’oggi. Come si rapporta invece la vostra presenza al Festival rispetto al suo titolo – «la comunità che viene» , che ci sbilancia fortemente verso il futuro? Verso che tipo di comunità, possibile o impossibile – seguendo l’hashtag ‪#‎lacomunitàchenonviene – ci stiamo proiettando?

Domanda cui si può rispondere solo con un po’ d’arroganza da profeti. E ci provo.

La democrazia (non quella che abbiamo, formale…) o è cognitiva o non è. Credo che la cultura sia l’unico vero strumento per la crescita della consapevolezza diffusa e il teatro uno dei migliori esercizi di cittadinanza culturale che abbiamo. Mi piace pensare che la comunità che viene (che verrà, che dovrebbe venire, che magari venisse ecc…) sia quella di una democrazia reale, e quindi una comunità di cittadini.

Detto ciò: divertiamoci, che il teatro è anzitutto gioco e se la storia del pianeta fosse fatta di 24 ore l’intera storia della civiltà umana occuperebbe 2 secondi.

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Autore

Mariaenrica Giannuzzi

Mariaenrica Giannuzzi (1989) è nata in Puglia e vive a Roma. Laureata in filosofia alla Sapienza sull’idea di storia naturale nella poesia di Paul Celan, la sua ricerca comprende l’uso politico delle scienze, le teorie della biodiveristà e il pensiero femminista (Iaph – Italia). Ama viaggiare per le isole, camminare nei boschi e arrampicarsi.

1 commento

  1. Pingback: Teatro Sotteraneo, Be legend!

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